Raya e l'ultimo drago è il 59° Classico Disney. La storia è un'epica fantasy che mette al centro la fiducia nel prossimo e il senso di comunità.
Il leggendario Regno di Kumandra è abitato da esseri umani che convivono in pace e armonia con i draghi: a seguito dell'arrivo e del diffondersi della terribile piaga dei Druun, spiriti maligni che trasformano persone e draghi in statue di pietra, il drago Sisu concentra il proprio potere in una gemma, riuscendo a riportare in vita le persone, ma non i suoi simili. Il sacrificio non viene vissuto come occasione di rinascita bensì come motore per l'egoismo degli abitanti di Kumandra: desiderosi di appropriarsi della gemma si dividono, creando confini nel Regno e dividendolo in cinque territori distinti, chiamati ognuno con il nome di una parte anatomica dei draghi: Dorso, Coda, Artiglio, Zanna e Cuore.
Raya è una protagonista forte e decisa, più combattente che principessa. Namaari fa ciò che fa non per fare del male al prossimo, ma per aiutare la propria famiglia. Raya fa altrettanto. Alla base del comportamento di entrambe c'è un sentimento egoista e il rifiuto di fidarsi del prossimo. In questo le due sono speculari e molto più simili di quanto potrebbe sembrare in prima battuta.
Il drago Sisu - su cui non posso soffermarmi più di tanto per evitare spoiler - è senza dubbio il personaggio che più spinge alla risata. Ma Sisu è soprattutto un personaggio profondo, completo, centrato: è un’anima semplice che nutre una sfrontata fiducia nelle persone che incontra sulla sua strada.
Proprio sulla fiducia è imperniato tutto il film: il messaggio principale di Raya e l'ultimo drago è infatti un consiglio, quello di aprirsi al prossimo senza sospetto e senza paura delle sue cattive intenzioni, ponendoci per primi con curiosità senza pregiudizio.
Sembrerà forse banale, ma il film ci insegna che effettivamente dovremmo allenarci a riconquistare continuamente un atteggiamento di fiducia nei confronti dell’altro. Unico cardine di partenza per la comprensione di coloro con i quali dialoghiamo e per fare cessare un conflitto deleterio.
Altrimenti? La conseguenza è perdere qualcosa di inestimabile valore: i legami, gli affetti e una visione lucida di noi stessi e del mondo. Nel film tale dinamica viene rappresentata con l’immagine meravigliosa del male che è divisione e, con moto fulmineo, rende gli uomini di pietra. Un’ulteriore deriva viene esplicitata in una battuta di un compagno di avventure della protagonista, che dirà di lei: “Non vede nulla - e nessuno - a causa della sua rabbia” - nemmeno il mondo cadere letteralmente in pezzi intorno a lei.
Nei miei percorsi di mediazione familiare e mediazione scolastica queste non sono parole. Quando all’interno di una coppia lacerata dai silenzi o dai fraintendimenti ci si apre (o si torna) finalmente alla fiducia, rinasce la relazione. Magari non più di coppia, ma genitoriale autentica: il vero benessere per loro e per i figli.
Quando i bambini, dopo aver riflettuto sulla rabbia e sulla fiducia che nasce dallo scioglimento dei conflitti, vivono con serenità i futuri conflitti e confronti tra loro, è tutta la classe che fiorisce.
Mettere da parte le antipatie e i fraintendimenti, mettere in campo un ascolto reale dell’altro è la strada maestra per la crescita di ogni individuo.
Vi consiglio di gustare questo classico, magari vedendolo almeno due volte: la prima catturati da colori, musiche, trama e scenografia. La seconda per meditarne i messaggi, i passaggi e le conclusioni. Insieme, grandi e piccini. Perché può rivelarsi prezioso per tutti, grandi e piccini.
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